mercoledì 11 marzo 2009

Dio è onnipotente? - dalla relazione di Luca Mari

“Che cosa significa che Dio è onnipotente? Dio si è rivelato come «il Forte, il Potente» (Salmo 24, 8), colui al quale «nulla è impossibile» (Luca 1, 37). La sua onnipotenza è universale, misteriosa, e si manifesta nel creare il mondo dal nulla e l’uomo per amore, ma soprattutto nell’Incarnazione e nella Risurrezione del Suo Figlio, nel dono dell’adozione filiale e nel perdono dei peccati. Per questo la Chiesa rivolge la sua preghiera al «Dio onnipotente ed eterno» («Omnipotens sempiterns Deus... »).” (CCCC, 50).

Come si vede, l’onnipotenza di Dio, che qui è comunque qualificata come “misteriosa” (l’altra qualificazione – “universale” – appare enigmatica: può un’onnipotenza essere non-universale?), non viene correlata qui in alcun modo al nostro problema, e rimane tutto sommato piuttosto estrinseca. Per esempio, appare del tutto compatibile con l’opzione secondo cui anche il diavolo goda di un’onnipotenza “dello stesso genere”: e infatti, per come presentato, il diavolo appare per l’uomo a tutti gli effetti come un dio (ricorda anche le tentazioni di Gesù nel deserto), con la conseguenza che, al di là delle dichiarazioni di principio, il nostro problema tornerebbe alla soluzione facile del politeismo: il dolore esiste perché c’è un dio che lo genera.
La soluzione ben più interessante è quella a cui, “dopo Auschwitz”, è nuovamente giunta una parte del
mondo ebraico: Dio creando il mondo ha scelto “contrazione, ripiegamento, autolimitazione. Per fare spazio al mondo, l’infinito dovette contrarsi in se stesso, e in questo modo lasciar sorgere al di fuori di sé il nulla” (Jonas, 37).
Non solo: rinunciando alla sua onnipotenza, egli non è rimasto indifferente alle vicende della sua creazione ma, proprio per la sua bontà, ha scelto di soffrire con essa: “è Dio stesso a voler soffrire con il suo creato perché altrimenti, se non contenesse in sé anche la categoria della sofferenza, non sarebbe perfetto.” (Ben-Chorin, 52).

“I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole. I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi. ‘Viva la libertà’, gridarono i due adulti. Il piccolo, lui, taceva. ‘Dov’è il buon Dio? Dov’è?’, domandò qualcuno dietro di me.
A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte. Silenzio assoluto. All’orizzonte il sole tramontava.
‘Scopritevi!’, urlò il capo del campo. La sua voce era rauca. Quanto a noi, noi piangevamo. ‘Copritevi!’. Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra. Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora... Più di una mezz’ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti. Dietro di me udii il solito uomo domandare: ‘Dov’è dunque Dio?’. E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: ‘Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca.” (Elie Wiesel, La notte, 1958).

Questo, indifeso come Gesù, è l’unico Dio di cui mi pare di saper dire qualcosa: ragionevole se e in quanto la sua creazione lo è. E in effetti, l’essere ragionevole, come l’essere naturale, è una categoria troppo contingente per essere applicata a Dio. Come per la meta-naturalità, rimane la meta-ragionevolezza: nella mutevolezza dello spazio e del tempo, l’uomo è uomo non in quanto ha certe idee o adotta certi stili di pensiero, ma perché si fa domande. Ecco perché continuare a farlo, e non diventare schiavi di alcun principio di autorità, è necessario.

lunedì 9 marzo 2009

il rapporto tra Dio e gli uomini, tra Babele e Pentecoste

  • Lingua universale e dialetti
    La globalizzazione dei problemi e delle relazioni porterà a una lingua globale? Attualmente, l'88% della popolazione mondiale parla un inglese molto semplificato che viene definito globish (=fusione delle parole "Globe" e "English").Forse tra una o due generazioni tutti gli uomini comprenderanno una lingua attraverso la quale si scambieranno opinioni, merci, sentimenti … forse le lingue “nazionali” rimarranno come strumento di espressione e dialogo intermedio, ma si atrofizzeranno gradualmente perché meno “necessarie” di oggi. In compenso dal basso risorgeranno i linguaggi locali o tecnici, cioè una serie di dialetti nei quali si riconosceranno gli appartenenti a determinate comunità (regionali o per affinità di mestiere). Pensiamo anche a quanto le nuove tecnologie hanno modificato il nostro linguaggio (oltre che importare di termini dall'inglese, stiamo modificando le nostre abitudini nella scrittura, basti vedere l'utilizzo del kappa al posto della "c dura"). Babele è dunque superabile o tutto rimarrà come è sempre stato?

  • La Pentecoste sembra fornire una soluzione che non elimina il problema ma lo risolve con “l’intervento divino”. Ognuno parla la sua lingua ma uno Spirito traduttore fa sì che ciascuno intenda quel che l’altro dice. Se così fosse Babele risulta superabile solo con l’intervento “miracoloso” di Dio che non appiattisce le differenze e le caratteristiche personali o di gruppo ma le armonizza nel senso che le rende comprensibili, cioè condivisibili dagli altri. È questa una prospettiva proponibile?

  • Forse non c’è bisogno di una lingua ma di linguaggi universali. La scienza è uno di questi? La dichiarazione dei diritti universali (cioè un linguaggio condiviso sulla giustizia, la libertà, lo sviluppo della personalità …) è un altro linguaggio universale?

  • Accettare Dio come interlocutore (possibile o necessario) è una condizione per affrontare il problema o solo un risultato cui si può arrivare o non arrivare dopo una indagine condotta diligentemente e coerentemente con le proprie inevitabili “premesse”?

  • Dio è “dicibile” o solo “ascoltabile”?

  • Quando Dio parla (se parla) che linguaggio usa per farsi capire dagli uomini? La bibbia? Il corano? I libri sacri in generale delle varie religioni? La persona di Gesù? L’intimità spirituale personale di ciascuno? La scienza? Il progresso? …Questo tema ci porta a chiederci cosa è “parola di Dio”? solo la Bibbia? Quella ebraica? Quella cristiana? E a tutti gli altri uomini Dio ha parlato o no? Maometto è amico di Dio o no? E Budda? E i fedeli indù? E tutti coloro che si interrogano sul senso della vita?

  • Quando “il sentiero è interrotto” cosa si può fare? L’uomo nulla, se non tornare sui suoi passi e accontentarsi della foresta in cui vive.

  • Come può Dio essere “padre” e insieme essere così difficile da trovare? A chi giova questo gioco a nascondino?